Ucraina, a un passo dalla guerra: la Russia si
prende la Crimea. Kiev richiama riservisti: disastro vicino
Gli Usa: pronti a
isolare Putin, Mosca rischia il posto nel G8. La Nato avverte: fermare le
azioni militari. Il Papa prega per il dialogo.
La Russia
«ci ha dichiarato guerra, siamo sull'orlo del disastro». E' il grido d'allarme
del premier ucraino Arseni Iatseniuk dopo l'assedio lanciato da Mosca alla
Crimea, la repubblica autonoma, parte dell'Ucraina, posta sulla penisola che si
affaccia sul mar Nero nel sud del paese dove è forte la presenza russa. La Nato
chiede lo stop alle attività militari e alle minacce di Vladimir Putin: così -
sottolinea - «Mosca viola i principi della Carta Onu». A causa dell'escalation
militare, Francia e Gran Bretagna hanno deciso di sospendere la partecipazione
alle riunioni in vista del G8 di Sochi.
«Questo
è un allarme rosso. Questa non è una minaccia, questa è di fatto una dichiarazione
di guerra contro il mio Paese», ha detto ancora il premier ucraino. «Noi
esortiamo il presidente (russo Vladimir) Putin a ritirare le sue forze armate
dall'Ucraina», ha aggiunto. Il governo ucraino intanto ha annunciato che
richiamerà tutti i suoi riservisti, in seguito alla decisione della Russia di
autorizzare il dispiegamento delle truppe. Si stima che l'Ucraina abbia circa
un milione di riservisti, mentre la forza militare attiva conta 160mila unità.
Navi ucraine hanno lasciato la base di Sebastopoli in Crimea. Il comandante
della Marina si è schierato con i filo-russi.
La
crisi ucraina intanto fa piombare i rapporti tra Washington e Mosca in un
clima da guerra fredda. Barack Obama condanna l'intervento armato in Crimea
parlando di violazione del diritto internazionale, mentre Vladimier Putin
sottolinea di avere il diritto di proteggere i propri interessi in Ucraina. I
due si sono anche parlati ieri, per 90 lunghi minuti, ma la tensione resta alle
stelle. Un muro contro muro, da cui oggi non si vede via d'uscita.
Anche
oggi le truppe russe, le forze di autodifesa locali e persino i cosacchi hanno
continuato ad
occupare in Crimea obiettivi sensibili, scavato trincee e assediato alcune basi
ucraine con tanto di ultimatum, per ora senza scontri e con un apparente
consenso popolare diffuso in gran parte dell'Ucraina sud-orientale. Un migliaio
di uomini armati ha bloccato a Perevalne, vicino a Simferopoli, l'ingresso di
un'unità della guardia costiera ucraina per costringere i militari ad
arrendersi. Altri 400 marine ucraini sono stati assediati nella loro base di
Feodosia, porto a 200 km da Sinferopoli. Anche la 36/ma brigata dell'esercito
ucraino alle porte di Simferopoli è stata bloccata da reparti speciali dei
militari russi. La Crimea è russa, tanto che il ministero della Difesa si è
sentito autorizzato a chiedere i dati dei giornalisti stranieri per
accreditarli.
In
Crimea Kiev appare impotente, limitandosi ad allontanare qualche nave da guerra da Sebastopoli,
dove però il comandante in capo della Marina ucraina Denis Berezovski - fresco
di nomina - ha giurato fedeltà alle autorità locali filorusse, mentre
nell'irrequieto sud-est russofono intende nominare due ricchissimi e influenti
oligarchi, Serghiei Taruta e Igor Koloiski, governatori delle regioni di
Donetsk e di Dnipropetrovsk.
Il cuore
pulsante della rivoluzione resta il Maidan, tornato oggi ad affollarsi e ad arringare contro la
Russia e Putin. Ma le uniche frecce insidiose nella faretra di Kiev sono quelle
dell'Occidente, mai come ora unito nel condannare l'intervento armato russo.
«Viola i principi della Carta Onu e costituisce una minaccia per la pace e la
sicurezza in Europa», denuncia il segretario generale della Nato Anders Fogh
Rasmussen, mentre anche l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in
Europa (Osce) si andava riunendo d'urgenza a Vienna.
Durissimo,
dopo l'ennesimo monito telefonico di Obama a Putin, il segretario di Stato Usa John Kerry: «La
Russia si sta comportando come se fossimo nell'800, invadendo un altro Paese
sulla base di pretesti completamente inventati». È stato lui a quantificare il
costo minacciato dal presidente Usa in caso di intervento militare: «La messa
al bando dei visti, il congelamento dei beni, l'isolamento commerciale, con un
ulteriore crollo della divisa russa», che oggi veniva cambiata già al record
storico di 40 rubli per un dollaro (55 per un euro). E il boicottaggio del G8
russo previsto a Sochi all'inizio di giugno, con il rischio anche che Mosca sia
cacciata fuori: il summit parte già dimezzato, con le defezioni dei lavori
preparatori, oltre che degli Usa, anche di Francia, Gran Bretagna e Canada (che
ha richiamato il proprio ambasciatore). L'unica a frenare in Europa è la
Germania, che si dice scettica da una possibile esclusione di Mosca dal
consesso degli Otto Grandi,
mentre l'Italia si è appellata al Cremlino
definendo «inaccettabile» la violazione della sovranità ucraina.
Ogni
singolo alleato degli Stati Uniti è pronto ad andare fino in fondo, allo scopo di
isolare la Russia in seguito a questa invasione, ha assicurato il segretario di
Stato Usa. «Tra tutti i ministri degli Esteri con cui ho parlato ieri - ha
aggiunto Kerry - c'è una visione unitaria. Parlo di tutti i Paesi del G8 e
anche oltre, che semplicemente sono pronti a isolare la Russia, che non pensano
di trattare la Russia come se nulla fosse accaduto. Il rublo è già andando giù
e sta già risentendo l'impatto di questa situazione».
Un muro
sempre più alto che Putin forse non si aspettava, mentre in varie capitali europee diverse
centinaia di persone si sono radunate davanti alle ambasciate russe per
protestare: domani il Signore del Cremlino dovrà giocarsi fino in fondo anche
la carta dell'incontro con Iulia Timoshenko.
«Vi
chiedo di pregare ancora per l'Ucraina, che sta vivendo una situazione
delicata. Mentre auspico che tutte le componenti del Paese si adoperino per
superare le incomprensioni e per costruire insieme il futuro della Nazione, rivolgo
alla comunità internazionale un accorato appello affinché sostenga ogni
iniziativa in favore del dialogo e della concordia». Il Papa all'Angelus ha
preso posizione sulla situazione in Ucraina. Il Papa ha chiesto che si faccia
«ogni sforzo» contro questa spirale minacciosa che angoscia il mondo e evoca
venti di guerra.
Quello
di oggi all'Angelus è il quarto appello in venti giorni del Pontefice per l'Ucraina, che dal
punto di vista religioso è a maggioranza cristiana, ma non cattolica: ci sono
in realtà tre chiese ortodosse, una che fa riferimento al Patriarcato di Mosca,
una che fa riferimento al Patriarcato di Kiev e una, autocefala, che come molte
autocefale nel mondo, fa riferimento al Patriarcato di Costantinopoli. I
cattolici sono minoranza, spesso rimpatriati dall'Occidente, mentre le tre
chiese ortodosse sono tradizionalmente ostili e in lotta tra loro.
Berlino
mette in guardia Mosca contro l'intervento militare affermando che
«una nuova divisione
dell'Europa può ancora essere evitata». «Chiediamo con urgenza alla Russia di
astenersi da qualsiasi interferenza alla sovranità e all'integrità territoriale
dell'Ucraina», ha detto il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter
Steinmeier. «Siamo su una strada molto pericolosa che porta ad una escalation
della tensione. Una marcia indietro è ancora possibile. Una nuova divisione
dell'Europa può ancora essere evitata», ha aggiunto.
Vladimir
Putin ha «accettato» la proposta di un «gruppo di contatto per iniziare il
dialogo» sulla
questione ucraina. Lo sostiene la cancelleria tedesca, dopo una telefonata fra
Angela Merkel e il presidente russo. «Il presidente Putin ha accettato la
proposta della cancelliera di istituire una missione di verifica dei fattì sul
terreno e un gruppo di contatto, possibilmente sotto l'egida dell Osce, per
iniziare un dialogo politico». È quanto si legge in una nota del portavoce
Georg Streiter che illustra i contenuti della telefonata. Telefonata di cui
aveva già dato notizia Mosca sottolineando come Putin avesse peraltro difeso le
azioni russe in Ucraina come «adeguate a una situazione straordinaria».
Mosca,
manifestazioni pro e contro l'invasione. Manifestazioni contrapposte, intanto, si registrano
oggi a Mosca, pro e contro l'invasione armata russa in Ucraina. Gli oppositori
si sono mobilitati via internet su Vkontakte, il Facebook russo, e si sono dati
appuntamento alle 13 ora locale (le 10 in Italia) davanti al ministero della
Difesa, a due passi dal Cremlino. I sostenitori dell'invasione, invece,
marceranno da piazza Pushkin a corso Sakharov: si tratta di organizzazioni
patriottiche di giovani, studenti e veterani, compresa l'ala giovanile del
partito putiniano Russia Unita. La partenza del corteo è prevista alle 17 ora
locale (le 14 in Italia).
Rispunta
lo slogan dei dissidenti del 1968 contro l'invasione di Praga. "Per la vostra e la nostra
libertà": nella manifestazione di Mosca è spuntato un foglio con lo stesso
slogan usato dai dissidenti sovietici quando protestarono contro l'invasione di
Praga da parte dell'Armata Rossa, nell'agosto 1968.
La
Francia auspica la sospensione dei preparativi del G8 di Sochi a giugno e condanna l'escalation
militare russa in Crimea: lo ha detto a Europe 1 il ministro degli esteri
Laurent Fabius, chiedendo la sospensione «fin quando i nostri partner russi non
saranno tornati a principi conformi al G7 e al G8».
Obama
alza la voce. Obama
ieri ha chiamato Putin. Ma, al termine del lungo colloquio, i comunicati
diffusi dalle due superpotenze mostrano come la tensione restia altissima. Il
presidente americano ha ribadito la sua condanna fermissima all'intervento
militare e ha chiesto l'immediato rientro delle truppe russe nelle loro basi e
la tutela dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Quindi ha annunciato che
gli Stati Uniti non parteciperanno alle riunioni preparatorie del prossimo G8,
in programma a giugno a Sochi. Poi ha ammonito il Cremlino che se continuerà
sulla strada della provocazione militare andrà incontro a un «isolamento
politico ed economico». Dopo aver ricevuto molte critiche di passività e
indecisione, il "Commander in Chief'" americano ha alzato la voce.
Putin:
abbiamo il diritto di tutelare la minoranza etnica. Prima che la Casa Bianca diffondesse
i contenuti della telefonata, è stato il Cremlino a far sapere che, durante il
colloquio Putin ha ricordato che la Russia si riserva il diritto di proteggere
i suoi interessi in Ucraina. Il nodo, secondo Mosca, è quindi la tutela della
minoranza di etnia russa nel Paese.
Mosca
combatte inoltre la sua battaglia mediatica, cavalcando sulle tv pubbliche la retorica
nazionalista e la propaganda interventista, nonché diffondendo notizie non
sempre verificabili: come le «diserzioni di massa» dei militari ucraini in
Crimea, smentite dal ministero della Difesa ucraino, o l'ondata di 675mila
profughi al confine con la Russia, dipinta come «un'incombente catastrofe
umanitaria». Notizie per le quali il primo canale tv sacrifica la diretta della
cerimonia degli Oscar, con una scelta che suona come uno schiaffo agli Usa. Ai
pochi pacifisti che manifestano a Mosca, invece, il Cremlino tappa la bocca,
come con i dissidenti ai tempi delle invasioni sovietiche: quasi 300 fermi
oggi. I manifestanti avevano qualche cartello ("No war",
"Perdonaci Ucraina", "Mi vergogno per i tank in Crimea") e
gridavano «No alla guerra».
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