«Matteo ha fatto fuori più comunisti di me»
«Ha fatto fuori più comunisti lui in due mesi che io in vent’anni». È arrivato a dire questo, Silvio Berlusconi, in un elogio che è ormai quotidiano nei confronti di Matteo Renzi. «Di lui mi fido, peccato non sia uno dei nostri, perché ha tutto di noi: è un democratico, è un liberale, è un boyscout» continua a ripetere ai suoi interlocutori. Così martedì sera, ricevendo ad Arcore alcuni dirigenti liguri di Forza Italia. Sicuro che il premier «rispetterà i patti» sulle riforme: «Ha il gradimento della gente, molti dicono sia il mio successore. Vedremo».
Parole che confermano un appoggio sostanziale del Cavaliere al nuovo governo sulle riforme, pur restando tra i banchi dell’opposizione. Scrive ancora Bei:
Opposizione sull’ordinaria amministrazione, ma non certo sulle grandi riforme. Musica per le orecchie del Cavaliere le parole con cui ieri da Treviso Renzi ha ventilato un taglio dell’Irap, quella che Berlusconi ha sempre definito “imposta di rapina” sulle imprese. “È quel che vado ripetendo io da anni, da imprenditore volete che si possa votare contro o contro la riforma del lavoro?” è il commento coi deputati che lo hanno sentito. Perché da Villa San Martino il leader forzista per ora non si muove, in piena sindrome da inabissamento. Niente rientro a Roma, come pure era previsto ieri in un primo momento. E non ha intenzione di muoversi da lì fino alla settimana prossima (anche se i giovani del Ppe riuniti a Roma hanno confermato la sua presenza
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