Rischio Jugoslavia per l'Ucraina
Mentre il presidente Yanukovich rivendica la presidenza,
la Crimea dimostra che le divisioni tra la popolazione sono reali. Le elezioni
a maggio sono forse troppo lontane per evitare l’escalation in corso .
Mentre i manifestanti di piazza
Maidan annunciano un nuovo gabinetto per l’Ucraina e propongono Yatsenyuk
come nuovo primo ministro, il presidente Viktor Yanukovich, dopo la fuga
con disonore da Kiev e la presa dei palazzi del potere da parte degli
oppositori, stamattina (27 febbraio) ha rivendicato a mezzo stampa il proprio
ruolo: “Sono ancora il presidente” ha detto da località sconosciuta.
Quanto il suo annuncio sia credibile,
però, lo si capisce dai vessilli che sventolano sul palazzo del parlamento
regionale di Sinferopoli, in Crimea. Una bandiera russa che sta là a ricordare
al resto del Paese (e del mondo) che la Crimea era e si sente russa. Nonostante
il “regalo” fatto da Kruschev nel ’45 agli ucraini, infatti, la più grande base
militare russa è e resta significativamente a Sebastopoli.
Adesso che le acque si sono calmate a
Kiev, occorrerebbe a mente fredda ragionare su cosa sia successo davvero nelle
ultime settimane in Ucraina. Un presidente regolarmente eletto (con elezioni
monitorate dall’OCSE e giudicate perfettamente legali) e che nel corso del suo
mandato ha anche compiuto riforme costituzionali con l’appoggio del parlamento
(altrettanto democraticamente eletto) è stato costretto a fuggire più per
insipienza e codardia - dato il crescendo di violenze di piazza - che per
l’intima convinzione di aver davvero compiuto dei misfatti per cui deve pagare.
Un presidente incapace
Le proteste di piazza sono state fronteggiate con
scarsissima professionalità da una polizia inefficiente e violenta (ora
smantellata), comandata da un presidente in stato confusionale, eterodiretto e
scarsamente lungimirante. Per quanto ci possa essere antipatico il presidente
Yanukovich, però, oggi non possiamo non dubitare del fatto che quello che è
successo a Kiev sia stato, secondo i canoni europei, un fatto apertamente
eversivo e un pericoloso esempio per future proteste.
Cosa avremmo detto in Italia se degli
oppositori a un governo inetto fossero riusciti a far fuggire il presidente del
Consiglio da Palazzo Chigi? Si dirà che a Kiev la polizia ha sparato. È vero.
Ma in un Paese normale, se è la polizia a compiere eccessi, i suoi responsabili
di regola vengono processati e condannati dalla giustizia ordinaria. Non si
aspetta che fugga un presidente.
Il ministro degli Interni ucraino,
Arsen Avakov, a proposito di Sinferopoli, ha affermato che la zona nei pressi
degli edifici governativi è stata transennata per “evitare spargimenti di
sangue”, e ha parlato della presenza di provocatori. Mentre il presidente
ucraino ad interim Olexander Turchynov ha messo in guardia la Russia contro
qualsiasi “aggressione militare” in Crimea, chiedendo al governo di Mosca di
ordinare alla sua flotta nel Mar Nero di non muoversi dalla base navale di
Sebastopoli. Mentre, secondo l’agenzia Interfax: “Caccia russi pattugliano
costantemente le regioni di confine”.
Prospettive
Se, insomma, a Kiev la piazza è tornata alla calma, le
interviste volanti rilasciate dalle bande di estremisti di destra che
presidiano ancora la capitale, inducono però a pensare che la parte più
militarizzata dei manifestanti sia lungi dall’essere soddisfatta degli esiti
del compromesso raggiunto sinora con la mediazione UE. Al netto delle elezioni
previste a maggio.
Quello che ancora manca da valutare,
infatti, è proprio il sentimento della maggioranza degli ucraini. Si sa che
l’Est è rimasto comunque legato alla Russia, mentre l’Ovest non ha tagliato i
suoi legami con quella Polonia che per secoli l’ha occupato. Yanukovich o meno,
sono queste due anime che si dovranno affrontare e, con buona pace del
mainstream giornalistico occidentale, è ora il momento di analizzare se per gli
interessi dell’Europa è meglio avere una Ucraina stabile e governata
democraticamente oppure veder crescere una nuova Jugoslavia che, tra tensioni capaci
di sconfinare in guerra civile e le minacce da Mosca, potrebbe rivelarsi
l’ennesima fonte di destabilizzazione di uno scacchiere, che non sembra avere
bisogno di tali sconvolgimenti.
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