mercoledì 5 marzo 2014

L'inviato Onu in Crimea minacciato e costretto a lasciare il Paese.


Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov resiste per ora alle pressioni internazionali ed è andato via da Parigi senza incontrare il collega ucraino, ma, ha assicurato, "i colloqui con gli Usa e l'Ue continueranno nei prossimi giorni." La sua partenza da Parigi, ha garantito in un comunicato, non significa che gli sforzi per risolvere la crisi ucraina sono finiti. "E' stata una lunga giornata di discussioni, siamo tutti preoccupati per quello che sta succedendo lì", ha affermato in un comunicato. "Siamo d'accordo nel continuare questi colloqui nei prossimi giorni per trovare il modo migliore per stabilizzare e normalizzare la situazione", ha aggiunto.

Intanto in Crimea i tentativi di mediazione internazionale della crisi tra Ucraina e Russia incontrano i primi ostacoli. L'episodio più significativo è stato l'incidente che ha coinvolto il diplomatico olandese Robert Serry, inviato speciale per l'Ucraina del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, fermato e trattenuto da uomini armati a Simferopoli. Dopo essere stato bloccato per diversi minuti in un caffè mentre all'esterno miliziani filo-russi impedivano a chiunque di avvicinarsi, alla fine è stato liberato dalla polizia, che si è fatta varco attraverso una folla rabbiosa che gridava: "Crimea, Russia, Grazie Putin",  e ha accettato di tornare in aeroporto e mettere fine alla sua missione in Crimea.

In questo clima sono arrivati oggi a Odessa 35 osservatori internazionali dell'Osce, chiesti dal nuovo governo ucraino. La missione, che vede coinvolti specialisti militari di 18 paesi, si concluderà il 12 marzo ed è disarmata. 

La situazione militare sul terreno è stazionaria. Forze russe hanno preso il parziale controllo di due basi missilistiche, mentre il comando della Marina ucraina a Simferopoli, la capitale, questa mattina è stato circondato da una cinquantina di soldati senza insegne, presumibilmente russi. I militari fedeli a Kiev si sono rifiutati di ammainare la bandiera. Ma il capo della diplomazia di Mosca Sergei Lavrov continua a mantenere le distanze: "La Russia non ha alcuna autorità sulle forze filorusse che operano in Ucraina. Se sono le forze di autodifesa create dagli abitanti della Crimea, non abbiamo alcuna autorità su di loro". Suona garantista anche il premier provvisorio ucraino Arseniy Yatsenyuk, che in un'intervista all'Ap garantisce che la regione costiera rimarrà parte del territorio ucraino ma che si potranno valutare modi per garantirle maggiori forme di autonomia.

Kiev si prepara. Dalla notte all'alba lunghe file si sono formate davanti ai centri di arruolamento ucraini. Sono aspiranti reclute, ragazzi, uomini, pronti a prendere le armi nell'eventualità in cui un conflitto con la Russia diventasse inevitabile. E sono centinaia, tanto che il centro nel cuore di Kiev è stato costretto a chiudere i battenti perché i volontari erano molto più numerosi delle effettive disponibilità di posti nelle Forze Armate.

E' stata questa la risposta popolare alla messa in stato di allerta dell'esercito e alla mobilitazione dei riservisti annunciate tre giorni fa da Andriy Paruby, segretario generale del Consiglio nazionale ucraino per la Sicurezza e la Difesa, subito dopo l'autorizzazione a un intervento militare oltre confine accordata al presidente russo Vladimir Putin, che oggi si è saputo essere candidato insieme a Papa Francesco al Nobel per la Pace. Ma per l'Ucraina il prossimo passo non potrà essere che la mobilitazione generale.

La diplomazia. I toni sono sempre alti. Ma dopo giorni in cui la crisi ucraina sembrava precipitare verso un conflitto reale con il coinvolgimento della Russia, la parola è passata alla diplomazia, con una raffica di colloqui telefonici e una serie di incontri "obbligati". Il presidente degli Stati Uniti,Barack Obama, ha parlato per più di un'ora con la cancelliera tedesca Angela Merkel, che è stata in contatto con Putin nei giorni scorsi. La loro intesa è "sull'importanza di far rientrare l'escalation, con il dispiegamento di osservatori internazionali" in Crimea e l'avvio di un dialogo diretto tra Mosca e Kiev, contemporaneamente al rientro nelle caserme in Crimea dei militari dispiegati fuori dalle basi russe in questi giorni. Secondo Obama, la questione della legittimità del nuovo governo a Kiev, che la Russia insiste a non riconoscere, si risolverà da sé con le elezioni in calendario a maggio.

La Nato, annuncia il segretario Rasmussen, ha deciso di allentare la cooperazione con la Russia e di aprire canali di cooperazione ufficiali con la nuova leadership politica e militare di Kiev.

La riunione a Parigi di oggi è l'occasione per vari incontri: nella capitale francese c'è il segretario di stato americano John Kerry, ieri a Kiev . E domani sia Kerry che Lavrov sono attesi a Roma alla conferenza internazionale sulla Libia. Due giorni di lavorio diplomatico a cui parteciperà anche Federica Mogherini. Il ministro degli Esteri ha ribadito ieri in parlamento la linea italiana: per evitare "nuovi scenari da guerra fredda" e la "disgregazione" dell'Ucraina, bisogna "tenere aperta fino all'ultimo momento utile la strada del dialogo, della diplomazia, della soluzione politica". Anche il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, in visita a Tirana, ha definito la questione ucraina "una questione mondiale e fonte di molte tensioni" che devono essere "rapidamente disinnescate" sulla base della "reciproca comprensione" e avendo come base "l'indipendenza e l'integrità". Il presidente ha fatto appello affinché "si trovi la strada della moderazione e della reciproca comprensione tra Ucraina e Russia".

L'Unione europea.
 Il Consiglio della Ue ha deciso di mettere in atto il blocco dei beni di 18 cittadini ucraini, parte del pacchetto di sanzioni deciso dal Consiglio esteri del 20 febbraio. Le sanzioni scattano "per appropriazione indebita di fondi dello stato". La lista dei nomi sarà pubblicata stanotte sulla Gazzetta Ufficiale Ue. La Commissione europea ha "messo a punto un pacchetto di supporto per l'Ucraina" che vale, sotto varie forme, "11 miliardi nei prossimi due anni", ha detto il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso.

Le richieste del Cremlino. 
In caso di sanzioni da parte degli Usa, il Senato russo intanto sta lavorando a un progetto di legge che consenta di confiscare i beni delle imprese e dei cittadini americani ed europei. Lo ha reso noto il senatore Andrei Klishas, capo della commissione sulla legislazione costituzionale.

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