mercoledì 26 febbraio 2014

Ucraina, rischio di guerra civile. La Russia schiera i mezzi blindati. Kiev: non tollereremo separatismi


Giù le mani dall’Ucraina. Questo il messaggio lanciato dalle ex opposizioni, ora al potere a Kiev. «Non tollereremo tentativi separatisti e pressioni» ha 
detto a chiare lettere Arsenij Jatseniuk, uno dei leader della protesta, indicato come possibile prossimo primo ministro. La situazione nelle regioni orientali, prevalentemente russofone, rimane tesa. Il nervo scoperto resta, però, sempre Sebastopoli. Sembra di essere tornati al gennaio 2006, quando Russia e Ucraina non se le mandarono di certo a dire e si scontrarono per il controllo dei cosiddetti "fari". Il problema è che adesso ci sono di mezzo anche gli europei e gli Stati Uniti, ossia la detestata Alleanza atlantica.

LA FLOTTA E I MEZZI PESANTI
Le misure di sicurezza a protezione dei siti nella città crimeana, dove hanno sede le installazioni della Flotta del mar Nero, sono state ulteriormente rafforzate. Due autoblindo sono state dislocate davanti al Quartier generale della Marina e ad un edificio amministrativo. Si temono provocazioni. Otto anni fa si registrarono gravi incidenti con scontri tra nazionalisti ucraini, provenienti fuori dalla penisola, e giovani locali. I 350mila abitanti sono in prevalenza russi o ucraini con passaporto di Mosca. Solo chi è in tale condizione può lavorare per la Flotta, una delle principali fonti di sostentamento della città, per decenni chiusa agli stranieri. Come ribadisce la stampa locale, non è vero che i militari russi abbiano posizionato delle autoblindo all’ingresso di Sebastopoli.

«Invito i Paesi del memorandum di Budapest – ha detto Jatseniuk – e in particolare la Russia, a ricordarsi delle garanzie di sicurezza territoriale garantita allo Stato ucraino». Quel documento del dicembre 1994, firmato anche da Mosca e Washington, ribadisce l’indipendenza, la sovranità e l’intangibilità delle frontiere della repubblica ex sovietica in cambio della consegna dell’arsenale atomico allora detenuto. Dopo le dure dichiarazioni di lunedì del premier Medvedev la Russia ha ammorbidito i toni. Il ministro degli Esteri, Serghej Lavrov, ha semplicemente invitato Europa e Stati Uniti a stare fuori dall’Ucraina, senza cercare «vantaggi unilaterali». Che siano i suoi cittadini a decidere il loro destino, questo il senso del messaggio. Ma a Kiev ha tenuto due giorni di consultazioni il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. Il nodo rimane sempre lo stesso, ossia il finanziamento rapido della repubblica ex sovietica. Servono 3-4 miliardi di dollari subito e 35 in due anni. Sul Maidan gli attivisti appaiono nervosi e non capiscono il tergiversare della Rada. Ieri doveva nascere il governo di Unità nazionale, invece il presidente ad interim Aleksandr Turchinov ha annunciato che ci vorranno ancora 48 ore. Il partito delle Regioni del deposto presidente Yanukovich l’appoggerà dall’esterno.

LA RISOLUZIONE
A proposito dell’ex leader ucraino, di cui si sono perse le tracce, i deputati hanno votato una risoluzione per farlo processare dal Tribunale penale internazionale a L’Aia. Ma tale possibilità non è così automatica, affermano dall’Olanda, poiché Kiev non ha mai firmato la convenzione del del Tribunale.

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