Ucraina, la Crimea chiede l’indipendenza
Ue ed Usa spiazzati dalla svolta radicale della destra ucraina
Sbaglia chi derubrica la manifestazione delle Femen di ieri a Parigi, contro la ex premier ucraina Julia Timoshenko e per un’ Ucraina davvero libera, alla solita protesta a seno nudo. Timoshenko = Ianukovich non è solo uno slogan provocatorio scritto sul corpo delle femministe, è anche quello che pensano molti degli ucraini che hanno rovesciato il regime e tutti i miliziani neo-fasciti e neo-nazisti che erano sulle barricate della guerra civile e che considerano la Timoshenko semplicemente una traditrice che aveva fatto un accordo capestro sul gas con Vladimir Putin, prima che la rivoluzione arancione, nazionalista e filo-occidentale, affondasse nella stessa corruzione e negli stessi lussi del governo filo-russo di Ianukovich.
Ora l’Europa, che aveva frettolosamente dichiarato eroina della libertà e della democrazia un’”infermiera” ferita che in realtà era una militante del più brutale movimento neonazista ed antisemita ucraino, si trova a dover giustificare il rovesciamento con la forza di quello che era comunque, per ammissione degli stessi osservatori dell’Ue, un governo eletto in elezioni regolari. E fanno sorridere la destra ed i “democratici” italiani che esaltano i campioni della libertà ucraini che esibiscono simboli nazi-fascisti armati di molotov e pistole e vorrebbero in galera tutti i No Tav, così come è stucchevole il riflesso condizionato di una certa sinistra “più a sinistra” che difende l’indifendibile Ianukovich come se questo corrotto cleptomane fosse il baluardo della lotta dei popoli contro il capitalismo internazionale e non l’uomo di fiducia di Vladimir Putin, il massimo esponente del conservatorismo autoritario.
Con questi precedenti è difficile capire come l’Unione europea pensasse (e pensi?) di accollarsi un Paese piagato dalla corruzione e da un colossale debito con la Russia. Questi bluff sulla pelle degli ucraini hanno portato a quel che più si temeva, la possibile balcanizzazione dell’Ucraina sotto la spinta dei nazionalisti che sognano il ritorno ad una Patria del sangue che ripercorra le orme dell’effimera Ucraina filo-nazista ed antisovietica della seconda guerra mondiale, e della grande comunità russa e russofona che è sempre più tentata dalla secessione da quell’Ucraina che più che minoranza la vorrebbe minoritaria, che sogna una vendetta della storia.
Mentre il governo provvisorio ucraino cerca di rimettere in piedi un Paese ferito e la destra nazionalista non abbandona le piazze, nell’Ucraina sud-orientale si susseguono le manifestazione secessioniste, dopo che il governo provvisorio, cedendo alle richieste dei neo-fascisti, ha vietato l’uso del russo come lingua ufficiale-
Nella Repubblica autonoma di Crimea, “regalata” nel 1954 all’Ucraina dal presidente (ucraino) dell’Urss Nikita Chruščëv, e in tutta l’Ucraina orientale, russofona e che aveva votato in massa per Ianukovich, ma anche nell’Ucraina meridionale, tra Odessa e il confine con la Moldavia, dove la Transdinistria (indipendente di fatto da sanni) e la Gagauzia chiedono di entrare a far parte della Russia, sono in corso manifestazioni separatiste e la gente sventola bandiere russe. La più grande di tutte è a Sebastopoli, in Crimea, che ospita una delle più grandi basi navali (e nucleari) dove i manifestanti si sono uniti contro il nuovo governo ucraino ed hanno nominato un imprenditore russo nuovo sindaco della città. La Crimea ormai chiede apertamente l’indipendenza dall’Ucraina e giura che farà sempre parte della Russia.
I manifestanti reclamano in particolare il ristabilimento della Costituzione in vigore in Crimea tra il 1992 e il 1998, che accordava alla Repubblica autonoma il diritto di eleggere un proprio presidente e di avere una politica estera indipendente. Ma la piazza chiede anche un referendum che permetta alla popolazione di scegliere se restare una Repubblica autonoma dell’Ucraina o diventare uno Stato indipendente, oppure ritornare con la Russia.
Il presidente provvisorio dell’Ucraina, Oleksandr Turchynov, ieri ha convocato una riunione di emergenza per capire come affrontare i movimenti separatisti in aumento, sapendo bene che un solo colpo sparato contro i manifestanti russi vorrebbe probabilmente dire un intervento di Mosca e che l’Ucraina non è certo in grado di intervenire in Crimea.
La decisione di eliminare il russo come lingua ufficiale, presa dalla Rada Suprema il 23 febbraio, potrebbe essere il detonatore di una nuova catastrofe nel cuore dell’Europa In Ucraina. il Russo era lingua ufficiale nei comuni dove i russi costituiscono più del 10% della popolazione, cioè in 13 delle 27 suddivisioni amministrative del Paese, compresa la capitale Kiev.
Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha incontrato il segretario generale dell’Ocse Lamberto Zannier e poi in un comunicato ha messo nero su bianco di aver invitato l’Ocse a «Condannare nella maniera più risoluta l’intensificazione delle tendenze nazionaliste e neofasciste nell’occidente del Paese, così come gli appelli dei nazionalisti a vietare l’uso del russo, a trasformare la popolazione russofona in senza patria ed a limitare la libertà di espressione ed a chiudere i partiti politici indesiderabili».
Si tratta di una sfilza di violazioni dei principi fondanti di quell’Unione europea, per la quale ci è stato raccontato che sarebbe stata fatta la “rivoluzione” Ucraina e della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. E ieri era grande l’imbarazzo dell’Alto responsabile per la politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton, in visita in Ucraina, che ha chiesto ala Russia di svolgere un ruolo nella stabilizzazione della situazione nel Paese e dopo una disastrosa ed avventuristica gestione del dossier ucraino, ora dice di comprendere «I forti legami commerciali che esistono tra l’Ucraina e la Russia ed i forti legami che devono esistere con la Russia in futuro». Ora, dopo aver appoggiato scriteriatamente la destra anti-russa ed anti-semita ucraina, di fronte ai movimenti secessionistici filo-russi, dice che «l’Ue pensa che sia molto importante inviare un forte messaggio circa l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina».
Konstantin Dolgov, responsabile per i diritti dell’uomo del ministero degli esteri russo, ha ricordato agli occidentali che «L’annullamento della legge che dotava il russo dello status di lingua regionale in Ucraina è una flagrante violazione dei diritti di una minoranza etnica. E’ un affronto al principio dello stato di diritto. La comunità internazionale, compresi gli Usa e l’Ue, non devono restare con le mani in mano di fronte a questo genere di violazioni dei diritti dell’uomo da parte di elementi radicali in Ucraina.
Anche il ministro degli esteri del Lussemburgo, in visita a Mosca, ha ammesso che l’abrogazione della legge sulla lingua di Stato è un grave sbaglio: «Si devono rispettare le lingue utilizzate dal popolo e sono del tutto d’accordo con coloro che dicono che se una legge riduce l’uso delle lingue è una legge che non va nella buona direzione».
Intanto la Russia ha richiamato “ per consultazioni” il suo ambasciatore a Kiev «Una decisione – fa notare Ria Novosti, che potrebbe avere un impatto importante sulle relazioni bilaterali». Il 24 febbraio il primo ministro russo, Dmitri Medvedev, ha rimesso in discussione la legittimità delle nuove autorità ucraine dicendo che «Delle persone mascherate ed armate non sono dei partner per il dialogo».
Ma è scoppiata anche un’altra grossa grana. L’esercito russo denuncia un’altra campagna della destra neo-nazista ucraina: la demolizione dei monumenti storici cheè dettata solo da sentimenti anti-russi infatti, dopo la statua di Lenin, a Lvov è stato abbattuto il monumento al maresciallo dell’impero russo Mikhaïl Koutouzov (XVIII – XIXe secolo) eroe delle guerre contro polacchi e turchi e poi contro Napoleone.
Mosca dopo aver detto che non si immischierà negli affari interni, ha ammonito europei ed americani a fare altrettanto. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha risposto «Per scegliere il suo avvenire, Kiev non deve decidere tra la Russia e gli Usa. Non si tratta di Occidente contro Oriente, non deve essere questo. Non è o la Russia o gli Usa. Bisogna che il popolo ucraino scelga il suo avvenire. Vogliamo cooperare con la Russia ed altri Paesi per assicurare semmai un’evoluzione pacifica della situazione, l’orribile violenza a Maidan ha scioccato il mondo intero».
Ieri Kerry e il ministero degli esteri britannico, William Hague, dopo essersi incontrati a Washington, avevano chiesto alla Russia di lavorare insieme per sbrogliare l’intricata matassa ucraina e il segretario di Stato Usa aveva ricordato: «Non si tratta di un gioco a somma zero, dell’Ovest contro l’Est. Vogliamo lavorare con la Russia e con altri Paesi, con tutti coloro che sono disponibili per fare in modo che la situazioni si calmi a partire da oggi». Hague ha ribadito che la situazione in ucraina «Riguarda i diritti di un popolo libero, un popolo democratico libero che deve prendere le sue decisioni. Non consideriamo questo come un gioco a somma zero negli affari internazionali». Bisognerà capire se in questo “gioco” valgono i diritti (compreso quello a dichiararsi indipendenti) dei russi che vivono in Ucraina.
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